venerdì 11 Ottobre 2024

I radiomicrofoni

Premessa

La tecnologia che si trova alla base del funzionamento dei radiomicrofoni, in maniera non dissimile da quella che nel suo complesso fa funzionare il mondo dell’audio, ha subito nel corso degli anni profonde trasformazioni. A solo titolo di esempio, nel corso degli ultimi anni l’introduzione della trasmissione digitale ha consentito di raggiungere livelli qualitativi e di affidabilità impensabili in precedenza, e la tecnologia è tuttora in rapida evoluzione. Il sistema di trasmissione che viene qui affrontato è quello FM, mentre la trasmissione digitale verrà affrontata in una successiva integrazione. Come avrò modo di ricordarvi più avanti, potrete approfondire questi concetti leggendo la sezione dedicata alle monografie, dove troverete la trattazione del diversity e dell’intermodulazione.

Ormai da parecchi anni si è andato diffondendo, specialmente nelle riprese audio per la televisione, l’uso di un particolare tipo di microfono, detto radiomicrofono. Esso consiste, essenzialmente, in due unità distinte: un trasmettitore e un ricevitore. Il trasmettitore, che può essere del tipo da tasca o per uso a mano (hand held), è dotato di alimentazione autonoma a batteria e ha il compito di trasmettere via radio il segnale proveniente da una capsula microfonica a esso collegata all’unità ricevente posta, generalmente, nello stesso ambiente in cui avviene la ripresa; da qui il segnale audio viene prelevato in modo convenzionale tramite una linea, quasi sempre bilanciata, e inviato al mixer audio e alle apparecchiature di registrazione. È facilmente intuibile che l’introduzione di un tipo di microfono che non necessita di cavi per il suo funzionamento ha completamente rivoluzionato le tecniche di ripresa in uno studio televisivo.
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L’assenza di cavi consente una libertà di movimento sulla scena fino a pochi anni fa assolutamente impensabile. Contemporaneamente, la crescente affidabilità dei sistemi in commercio ha permesso di arrivare a utilizzare contemporaneamente anche diecine di unità ricetrasmittenti nello stesso ambiente. Di conseguenza possiamo affermare che la perfetta conoscenza del radiomicrofono è, oggi come oggi, di fondamentale importanza per affrontare con tranquillità la maggior parte delle situazioni di ripresa che si possono presentare in uno studio televisivo. Veniamo ora a esaminare più nel dettaglio il funzionamento dei più comuni sistemi di radiomicrofono.

Il trasmettitore

Come abbiamo accennato, il trasmettitore può essere del tipo da tasca o hand held. In entrambi i casi esso è costituito da una sezione che ha il compito di generare la portante radio che verrà modulata in frequenza dal segnale audio generato dalla capsula microfonica vera e propria. Le bande di frequenza utilizzate dai radiomicrofoni sono aumentate nel corso degli anni man mano che aumentava la necessità di utilizzare più trasmettitori contem­poraneamente. Attualmente si utilizzano le frequenze comprese tra i 170 MHz e i 250 MHz, quelle intorno ai 400 MHz, quelle intorno ai 600 MHz e quelle intorno ai 900 MHz. La frequenza del singolo trasmettitore può essere determinata in fabbrica o, come si preferisce attualmente, essere selezionata entro una serie di valori tramite un commutatore a più posizioni. Questa possibilità, ottenuta utilizzando appositi circuiti RF detti PLL (Phase Locked Loop) permette di scegliere di volta in volta la frequenza di lavoro del sistema in modo da scartare eventuali frequenze disturbate o già utilizzate da altri sistemi radio presenti nelle vicinanze. Il primo elemento di un trasmettitore è il circuito di ingresso; esso serve per ottenere un’appropriata ottimizzazione del livello/impedenza della sorgente, così che, in questo modo, il segnale possa essere trasmesso senza distorsioni. Un primo processo di ottimizzazione è l’enfasi; si tratta di una particolare equalizzazione delle alte frequenze atta a ridurre il livello apparente del rumore e della distorsione di trasmissione.
Il principio è molto semplice: si effettua una determinata equalizzazione delle alte frequenze prima della modulazione e, dal lato opposto, nel ricevitore dopo la demodulazione si attua una equalizzazione esattamente inversa. In questo modo il segnale audio, salvo qualche imprecisione del processo, ritorna come l’originale, mentre il rumore alle frequenze medio/alte viene abbondantemente attenuato (di solito di 10 db). Nella figura seguente si può vedere una rappresentazione grafica del processo.

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Il segnale audio trasmesso, che ha una banda passante estesa, nei casi migliori, fino a oltre 15 KHz, può subire, prima della trasmissione, una codifica di compressione/espansione che permette di estendere di molto la dinamica del sistema, altrimenti fortemente limitata dalle caratteristiche stesse della modulazione in frequenza. Il rapporto tipico di compressione/espansione è di 1:2 e, in questo modo, si riesce ad ottenere una dinamica superiore a 100 dB. È da segnalare, come compander, il sistema HI-DYN, brevettato dalla Sennheiser. È intuitivo che, trattandosi di un sistema di codifica e decodifica, il trasmettitore e il ricevitore devono essere tra di loro compatibili. La figura seguente rappresenta in forma grafica il processo di compressione/espansione.
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Allo stesso tempo, comunque, il radiomicrofono viene generalmente dotato di un limitatore di dinamica semplificato che impedisce alla modulazione di eccedere i limiti stabiliti dai progettisti, nel qual caso si introdurrebbe nel segnale trasmesso una forte distorsione che ne comprometterebbe la qualità generale. Un altro dispositivo di cui talvolta viene dotato il trasmettitore è un piccolo convertitore statico posto nella sezione di alimentazione. Esso eleva la tensione fornita dalle pile fino a un valore prestabilito e la mantiene costante durante tutto il processo di scarica delle pile stesse fino a quando, raggiunto un valore minimo, la tensione di alimentazione viene a mancare completamente e il trasmettitore si spegne. Questo artificio consente di aumentare di molto la stabilità del sistema, in quanto la potenza della portante emessa rimane costante anche al calare della tensione fornita dalle batterie. Il trasmettitore è dotato, inoltre, di un commutatore che permette di regolare la sensibilità dei suoi stadi di ingresso a seconda del livello del segnale proveniente dalla capsula microfonica; ciò permette di adattare la sensibilità del ricevitore al livello vocale o musicale captato dal microfono stesso, in modo da rimanere entro i limiti determinati dal livello ottimale di modulazione del sistema. Un livello di modulazione troppo basso farebbe peggiorare il rapporto S/N, mentre un livello troppo alto costringerebbe il limitatore a un intervento troppo brusco che comprometterebbe la qualità del segnale o, in assenza di tale limitatore, causerebbe una sovramodulazione della portante con conseguente distorsione. Per finire, esaminiamo ora le capsule microfoniche più comunemente utilizzate dai radiomicrofoni. Per i sistemi da tasca di usano generalmente piccole capsule Electret dotate di clip che permette di fissarle agli abiti.
Due sono i tipi di capsula che di solito si preferisce utilizzare: un primo tipo è molto piccolo, quindi può essere facilmente occultato e si presta alle riprese audio in cui il microfono debba essere nascosto alla vista degli spettatori (in genere riprese di fiction); di contro, la sua caratteristica polare è, date le ridotte dimensioni, esclusivamente panoramica. Ciò ne sconsiglia l’uso in situazioni in cui il rumore ambiente sia eccessivo o, come spesso accade, quando sia presente un’amplificazione in studio, con conseguente rischio di rientri e inneschi Larsen. In questi casi si preferisce usare un altro tipo di capsula dalla caratteristica cardioide che permette di isolare meglio il rumore ambiente. Queste capsule sono però più ingombranti, hanno la necessità di essere posizionate opportunamente sugli abiti del soggetto per evitare evanescenze del suono quando questi gira la testa e spesso devono essere ben riparate dal vento in quanto alcuni modelli hanno la tendenza a saturare in presenza di colpi d’aria nemmeno troppo violenti (a volte è sufficiente un respiro troppo forte del soggetto che indossa la capsula per causare il caratteristico colpo sulla membrana del trasduttore). I trasmettitori per uso a mano hanno l’aspetto esteriore di microfoni convenzionali e montano capsule dinamiche o Electret di tipo analogo a quelle da questi utilizzate. In più, rispetto ai modelli da tasca, essendo generalmente trasduttori a gradiente di pressione, sono dotati di filtri che limitano l’effetto di prossimità.
Il ricevitore

Anche i ricevitori sono dotati di circuiti di sintonia PLL che permettono di accedere con facilità alle frequenze su cui lavorano i rispettivi trasmettitori e presentano una notevole sensibilità, in modo da consentire l’uso di trasmettitori con potenze di emissione contenute; questo per limitare i problemi legati alle riflessioni che tratteremo tra breve. Il primo elemento del circuito di ricezione, dopo l’antenna, è il filtro RF. Questo filtro, importantissimo, serve ad eliminare o ridurre al massimo le frequenze spurie, ovvero quelle frequenze che non sono utili al funzionamento del sistema (per esempio frequenze provenienti da altri trasmettitori/ricevitori). Il secondo stadio è chiamato Oscillatore Locale. Questo oscillatore genera una nuova frequenza, che si trova in rapporto fisso rispetto alla frequenza di trasmissione; questa frequenza viene sommata e sottratta al segnale radio originale ottenendo così due diversi segnali, ambedue contenenti il segnale audio originale, che vengono poi inviati ad opportuni filtri tarati sulla frequenza differenza. In questo modo si ottiene una nuova frequenza radio chiamata IF (Intermediate Frequency o Frequenza Intermedia) molto più bassa di quella originale. Nella trasmissione FM di tipo broadcasting (commerciale) la frequenza intermedia è fissata a 10,7 MHz, mentre i ricevitori progettati per i radiomicrofoni utilizzano, di solito, valori più bassi (9 MHz o meno). Finalmente il segnale radio entra nel demodulatore FM dove, grazie di solito a filtri ceramici tarati sulla frequenza intermedia, si ottiene l’equivalente del segnale audio modulante; questo subirà processi inversi a quelli applicati nel trasmettitore (espansione e de-enfasi) e, alla fine, arriverà allo stadio di uscita che serve ad ottenere un appropriato livello di uscita.
Un altro circuito presente nel ricevitore è lo squelch. Lo squelch serve a silenziare l’uscita in assenza del segnale radio corretto. Quando il segnale radio non è sufficiente o non è interpretabile correttamente (distanza eccessiva, perdita di potenza del trasmettitore, materiali schermanti), il ricevitore potrebbe demodulare segnali impropri o amplificare il rumore di fondo della trasmissione radio; il risultato sarebbe un rumore bianco usualmente a livello molto più alto del segnale audio standard. Lo squelch è quindi un sistema di mute del segnale audio, controllato da una soglia regolabile del segnale radio. Teoricamente lo squelch andrebbe tarato al di sopra del rumore di fondo radio o comunque al di sopra del livello minimo accettabile del segnale radio. Un livello di squelch eccessivo potrebbe invece portare a perdere il segnale audio anche in presenza di segnale radio sufficiente. Una trattazione più completa la trovate nella sezione dedicata alle monografie. I ricevitori vengono, di solito, prodotti in due configurazioni: diversity e non diversity. Esternamente si riconoscono per la presenza di due antenne, nel primo caso, e di una sola antenna nel secondo caso. La scelta fra i due sistemi va fatta in funzione della qualità che si desidera ottenere. Il sistema diversity rappresenta una delle innovazioni più importanti nel campo della trasmissione senza fili del segnale audio. Esso è stato studiato partendo dalla constatazione che negli ambienti chiusi o in presenza di masse metalliche sospese, quali proiettori, tralicci o passerelle, le riflessioni delle onde elettromagnetiche provocavano frequenti cancellazioni di fase del segnale ricevuto, così che si potevano avere “sganci” nella ricezione del segnale stesso. Il primo fenomeno da tenere in considerazione è la presenza di percorsi multipli nella ricezione del segnale radio. Nella situazione più semplice e tranquilla le onde radio procedono direttamente dal trasmettitore al ricevitore e quindi la forza del segnale ricevuto dipende dalla potenza del trasmettitore e dalla distanza fra trasmettitore e ricevitore. Nella realtà questa situazione ideale può accadere solo all’aperto e con terreni non “magnetici” (ad esempio un prato e pavimentazioni non di cemento armato). In realtà, nella maggior parte delle situazioni ci sono oggetti che attenuano la trasmissione e oggetti che riflettono le onde radio; poichè sia l’antenna trasmittente che quella ricevente sono di solito omnidirezionali e le onde riflesse fanno un percorso diverso rispetto a quelle dirette, si ha una ricezione da percorsi diversi con lunghezze diverse. Da qui il termine inglese multi-path. Si tratta esattamente dello stesso principio che dà luogo al fenomeno del riverbero del suono. Nella parte sinistra della figura che segue si può osservare una rappresentazione del fenomeno.

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Chiaramente tutto ciò dà luogo a livelli diversi, tempi di arrivo e fasi differenti. Il segnale ricevuto sarà quindi la somma di tutto questo, e ciò darà luogo a variazioni dell’intensità nella zona interessata; si possono, dunque, avere brusche variazioni di livello anche per piccoli spostamenti del trasmettitore e anche cancellazioni di segnale. Si veda al riguardo la parte destra della medesima figura. Gli effetti di tutto ciò possono variare da sottili fischi modulanti, a forti scariche all’uscita. Il sistema diversity è costituito essenzialmente da un sistema di due antenne esterne che devono essere posizionate nell’area di copertura del segnale trasmesso a una distanza reciproca che va da 5 a 10 metri e che fanno capo a un commutatore allo stato solido che misura istante per istante il segnale ricevuto e provvede a indirizzare quello migliore ai circuiti successivi. Il sistema parte dal presupposto che in un dato istante almeno una delle antenne riceva un segnale sufficiente a un corretto funzionamento del microfono e permette di incrementare la portata e l’affidabilità del sistema stesso. Una trattazione più completa la trovate nella sezione dedicata alle monografie.Un elemento molto importante è sicuramente l’antenna stessa. La dimensione dell’antenna deve essere proporzionale alla lunghezza d’onda del segnale (e quindi inversamente proporzionale alla frequenza.Un’altra caratteristica importante è l’efficienza di radiazione dell’onda radio; più il sistema sarà efficiente e maggiore sarà la distanza a cui si può ricevere il segnale. Questo parametro è molto importante per due motivi:

  • la potenza del trasmettitore è limitata da normative
  • la maggior parte dei trasmettitori va a batteria, per cui un’elevata efficienza comporta maggiore autonomia

La maggior parte dei trasmettitori portatili utilizza antenne da ¼ della lunghezza d’onda, spesso nascoste all’interno del corpo stesso del trasmettitore. Nell’uso dei così detti body pack si deve tenere presente che il corpo umano, essendo composto in gran parte di acqua, offre un grado di schermatura piuttosto elevato e quindi il posizionamento del trasmettitore potrebbe essere molto critico. In tutti i casi la caratteristica polare di un’antenna da ¼ d’onda posta in verticale è omnidirezionale. La comprensione della direzionalità dell’antenna trasmittente è fondamentale per il posizionamento dell’antenna ricevente. Per quanto riguarda il ricevitore, l’antenna dovrà raccogliere nella maniera più efficiente possibile il segnale; dato che la potenza del trasmettitore è molto bassa e il segnale che arriva al ricevitore molto più basso (legge del quadrato della distanza), l’antenna del ricevitore dovrà essere estremamente sensibile. Nella maggior parte dei casi l’installazione del ricevitore non è critica come quella del trasmettitore e di conseguenza si possono utilizzare antenne più grandi, più efficienti e direzionali. L’antenna minimale è nuovamente quella da ¼ d’onda, ma se si vuole incrementare la sensibilità si possono utilizzare antenne omnidirezionali che risuonano su lunghezze d’onda superiori. Queste antenne hanno una sensibilità più alta di circa 3 dB, e quindi consentono una maggior campo d’azione. Le antenne, di solito, sono preamplificate o vengono collegate a un preampliticatore a basso rumore (booster) che consente al segnale ricevuto di giungere inalterato al ricevitore nonostante l’attenuazione introdotta dai cavi di trasmissione. Un aspetto molto importante e spesso trascurato è proprio il cavo d’antenna. Quando si utilizza un’antenna esterna posta distante dal ricevitore è necessario utilizzare un appropriato cavo. Se solamente pensiamo che il segnale radio trasmesso lungo il cavo ha frequenze dell’ordine delle centinaia di MHz, ci si rende conto di quanto possano essere pesanti le perdite di segnale e l’importanza vitale di utilizzare una cavo di alta qualità. Per ottimizzare la trasmissione del segnale (ovvero massimo trasferimento di energia da sorgente ad utilizzatore) occorre che tutti i componenti abbiamo la stessa impedenza caratteristica che, per i cavi d’antenna dei radiomicrofoni, è 50 Ohm. In generale però le perdite di segnale dovute al cavo sono maggiori di quelle provocate dal non perfetto accoppiamento delle impedenze. In genere la distanza che si può percorrere con una preamplificazione di 10-12 dB è di circa 50 metri (utilizzando cavo tipo RG213), nel caso in cui la distanza antenna-ricevitore fosse maggiore, sarà necessario amplificare nuovamente il segnale. È comunque consigliabile non eccedere i 50 metri di cavo, anche per l’elevato costo dei booster. Sistemi delle ultime generazioni prevedono la trasmissione, insieme con il segnale audio, anche dell’indicazione di carica della batteria che, opportunamente decodificata dal ricevitore, permette all’operatore di sapere quando è il momento di cambiare le batterie al trasmettitore; i più recenti indicatori di carica residua ne danno un’indicazione estremamente precisa, indicata in ore e minuti. A seconda dell’uso per il quale sono stati progettati, i ricevitori possono essere divisi essenzialmente in tre categorie:

  • Ricevitori per uso ENG
  • Ricevitori a ricezione singola
  • Ricevitori centralizzati multicanale

I ricevitori per ENG sono alimentati a batteria e possono essere installati con facilità direttamente sulla telecamera che effettua le riprese in esterno. I ricevitori a ricezione singola sono costituiti da uno, o più spesso, due ricevitori contenuti nello stesso telaio (1 unità rack) e sono consigliati quando non si debbano utilizzare troppe frequenze contemporaneamente. I ricevitori centralizzati sono costituiti da moduli di ricezione che prendono posto in un telaio che può contenerne anche 8. Essi hanno in comune l’alimentatore, un circuito di monitoria e uno splitter che distribuisce il segnale delle antenne a tutti i ricevitori. Poichè questi sistemi sono progettati per ridurre al minimo le interferenze che si potrebbero avere tra canali adiacenti, sono particolarmente indicati per produzioni in cui devono convivere molte frequenze.

Il capitolo dedicato ai radiomicrofoni si conclude qui ma, poichè l’argomento è vasto e comprende aspetti complessi, potrete trovare ulteriori approfondimenti nella sezione dedicata alle monografie, a cominciare da quello sull’Intermodulazione.