venerdì 29 Marzo 2024

Tecniche di ripresa stereofonica

La ripresa stereofonica
Il metodo più intuitivo di ripresa stereofonica è il sistema binaurale che, come sappiamo, sì avvale dell’impiego di una testa artificiale. I due microfoni, a causa della loro collocazione all’interno dei canali uditivi (in corrispondenza dei timpani) hanno una caratteristica direzionale molto simile a quella dell’orecchio umano. L’effetto direttivo così ottenuto è dovuto alla differenza di intensità e di tempo con cui i segnali acustici pervengono ai due microfoni. Alcuni trovano esaltante l’esperienza della testa artificiale: l’ascolto in cuffia mette in evidenza i fattori essenziali della percezione stereofonica e l’impressione di effetto stereofonico è eccezionale. Questo metodo sembra abbia avuto un rilancio in questi ultimi anni  e infatti i principali costruttori di microfoni hanno in catalogo una testa artificiale. Sono chiamati naturali i metodi di ripresa utilizzanti due soli microfoni direttivi opportunamente direzionali. Una ripresa è invece detta per punti quando viene effettuata con più microfoni, appropriatamente distribuiti nello spazio sonoro, le cui sorgenti possono essere correttamente posizionate mediante i potenziometri panpot. Le tecniche naturali di ripresa stereofonica sono state idealmente suddivise in tre categorie: a microfoni coincidenti, a microfoni vicini, a microfoni lontani. Le tecniche di ripresa a microfoni coincidenti permettono di effettuare registrazioni con la massima compatibilità mono; le tecniche a microfoni vicini o a microfoni lontani presentano tutte, in misura più o meno rilevante, dei problemi nella compatibilità mono.
Riprese a microfoni coincidenti
Tecnica Blumlein

Questa tecnica è basata sul fatto che le riflessioni dovute all’ambiente circostante vengono captate dai lobi posteriori dei due microfoni. Vengono usati due microfoni con diagramma polare bidirezionale posizionati come si vede nella figura seguente.

Figura 5_15

L’angolo tra i due diaframmi è fissato a 90°. Il microfono 1 punta verso la parte sinistra del campo sonoro, mentre il suo lobo posteriore capta le riflessioni della parte destra. Il discorso inverso vale per il microfono 2, che punta verso la parte destra del campo sonoro, mentre il suo lobo posteriore capta le riflessioni della parte sinistra. Questa tecnica risulta particolarmente efficace in presenza di ambienti di elevata resa acustica, in cui la presenza delle riflessioni contribuisce in modo determinante alla composizione delle colorazioni del suono. I due segnali vengono indirizzati al mixer separatamente e indirizzati direttamente sulle uscite.

Tecnica X-Y

Il sistema X-Y è detto a coincidenza in quanto le capsule microfoniche sono poste sullo stesso asse verticale; ciò è possibile sia utilizzando due microfoni distinti con l’aiuto di speciali supporti, sia con l’impiego di microfoni stereo. Nelle riprese con i microfoni stereo le differenze di tempo non hanno alcun ruolo e l’effetto stereofonico ottenuto è basato unicamente sulle differenze d’intensità. Per agire sull’effetto della differenza di intensità, variabile che é funzione della posizione della sorgente, occorre sfruttare le caratteristiche direzionali dei due trasduttori incorporati nel microfono stereo.

Figura 5_11

Come illustrato in figura, nel sistema X-Y i due trasduttori hanno la caratteristica di direttività a forma di cardioide, con gli assi principali diretti a destra e sinistra del fronte sonoro, in modo da formare un angolo di apertura compreso tra 90° e 110°. Poiché in questo sistema le differenze di intensità sono relativamente limitate, gli spostamenti angolari dell’immagine sonora sono molto inferiori a quelli della sorgente effettiva.

Tecnica M-S

Il sistema M-S è stato introdotto da Lauridsen, ed è molto usato in Germania. I due trasduttori del microfono stereo, uno con caratteristica direzionale a cardioide e l’altro bidire­zionale, sono orientati tra loro ad angolo retto.

Figura 5_12
Essi non generano direttamente le informazioni destra e sinistra del fronte sonoro, quindi le due tensionigenerate non possono essere direttamente inviate ai duealtoparlanti. Per una riproduzione stereofonica le duetensioni d’uscita provenienti dai due trasduttori debbono essere opportunamente trasformate nei segnali destra e sinistra dei due canali di riproduzione. Il microfono a cardioide, diretto con l’asse principale verso il centro della sorgente sonora, contiene la quasi totalità delle informazioni della sorgente sonora, e di conseguenza genera un segnale monofonico. L’altro microfono, il cui asse di sensibilità inferiore è diretto verso la sorgente sonora, fornisce il segnale contenente le informazioni direzionali. Se consideriamo positiva la tensione generata dal trasduttore a cardioide, le due tensioni, corrispondenti ai due lobi del diagramma a forma di otto, possono essere considerate rispettivamente positiva e negativa. Sommando e sottraendo le tensioni d’uscita dei due trasduttori si ottengono due segnali che differiscono, come livello, a seconda della direzione della sorgente sonora.
Il segnale generato dal cardioide è chiamato M (Middle o centrale) e corrisponde all’informazione monofonica equivalente alla somma dei segnali A+B, mentre il segnale generato dal trasduttore bidirezionale, chiamato (Side o laterale), costituisce l’informazione stereofonica ed equivale alla differenza dei segnali A-B.
Figura 5_13
Effettuando il trattamento dei due segnali M ed S, ad esempio mediante il combinatore resistivo mostrato in figura, si ottiene la somma e la differenza dei segnali A+B e A-B generati dai due trasduttori:
M + S = (A + B) + (A – B) = 2A
M – S = (A + B) – (A – B) = 2B
Variando i livelli relativi di M e di S si può modificare la larghezza apparente dell’immagine virtuale. Se S = 0 si ottiene un segnale monofonico. Aumentando il livello di S si può allargare il fronte sonoro. Questa possibilità di regolazione è molto importante agli effetti della ripresa. Un sistema per decodificare direttamente sul mixer i segnali provenienti dai due trasduttori è di utilizzare lo schema di collegamento evidenziato dalla figura che segue.
Figura 5_18
Il segnale centrale viene portato al mixer così com’è e indirizzato verso entrambe le uscite, mentre quello proveniente dal microfono bidirezionale viene separato in due. Una parte viene indirizzata verso l’uscita sinistra, mentre l’altra viene invertita di fase e successivamente indirizzata verso l’uscita destra. Entrambi i segnali sono stati attenuati di 3 dB, e ciò compensa il fatto che il segnale, inizialmente sdoppiato, ha un’ampiezza doppia rispetto al segnale originale. La compatibilità mono è assicurata dal fatto che sommando i due segnali, quello proveniente dal microfono bidirezionale si annulla. L’ampiezza dell’immagine sonora viene stabilita dai controlli panoramici panpot che operano sui due segnali laterali.
Riprese a microfoni vicini
Tecnica ORTF

Questa tecnica prende il nome dalla organizzazione radiotelevisiva francese ORTF (Organization Radio Television Française) e prevede il posizionamento di due microfoni a condensatore con diagramma polare a cardioide ad una distanza di 17 cm e ad un angolo di 110°. Nel caso in cui la sorgente sonora da registrare sia molto estesa di possono anche piazzare i microfoni ad una distanza di 20 cm e con un angolo di 90°.

Figura 5_16
Tecnica NOS

Tecnica olandese (Nederlandse Omroep Stichting). Prevede l’utilizzo di due microfoni a cardioide posti a 30 cm di distanza con un angolo di 90°.

Figura 5_17
Dopo parecchi esperimenti pratici, si arrivò a concepire questo sistema di microfoni che produce una distribuzione quasi uniforme delle sorgenti sul fronte stereo. Ci sono delle reali differenze di livello indipendenti dalla frequenza e differenze nel tempo di arrivo del suono che lavorano nella stessa direzione come segnali intercanale. Questa tecnica porta a un effetto stereo molto realistico e presenta una ragionevole compatibilità mono. Le differenze intercanale prima descritte non hanno nulla a che vedere con le differenze interaurali, che si hanno solo nelle registrazioni con la testa artificiale e, contrariamente a ciò che sarebbe portati a pensare, anche la spaziatura di 30 cm tra i trasduttori non ha niente a che fare con la distanza tra le orecchie umane. Come si vede, questa tecnica è molto simile a quella ORTF.
Tecnica OSS

In questa tecnica, sviluppata in Svizzera (Ortho Stereophonic System), vengono impiegati due microfoni omnidirezionali posti ad una distanza di 17 cm con un angolo di 90°. Tra i due microfoni viene posto un disco di schiuma acustica largo  28 cm (Jacklin Disc), che simula la presenza della testa umana.

Figura 5_19
Riprese a microfoni lontani

In questa tecnica di ripresa i microfoni vengono posti anche a grande distanza gli uni dagli altri. La distanza tra i microfoni dipende essenzialmente dalla dimensione della sorgente sonora. La regola base è di mantenere il rapporto 3:1 tra la distanza reciproca tra i microfoni e la distanza dei microfoni stessi dalla sorgente sonora. Queste tecniche impediscono di fatto di avere una buona compatibilità mono, dunque vengono utilizzate solo in determinati contesti.

Tecnica A-B

Questo metodo di ripresa si richiama alla ripresa con testa artificiale. Esso è conosciuto come sistema francese, perché messo a punto dalla TDF (Télèdiffusion De France), o anche Stereofonia per differenza di tempo.

Figura 5_14
Il numero di microfoni può anche essere superiore a due e varia a seconda dell’estensione della sorgente sonora. In genere si segue la regola che suggerisce di spaziare tra loro i microfoni di una distanza che sia in rapporto 3:1 con la distanza tra i microfoni e il fronte della sorgente sonora stessa. Nella configurazione più semplice, invece, due microfoni con caratteristiche di direttività a cardioide vengono distanziati di 17cm, corrispondenti al diametro medio della testa umana e quindi alla distanza che separa le due orecchie. I due microfoni sono rivolti con gli assi principali verso la sorgente sonora, formando un angolo di apertura di 110°. Poiché i due microfoni non sono coincidenti, il suono proveniente da una data direzione non arriva contemporaneamente ai due microfoni e quindi i due segnali da essi generati sono leggermente ritardati reciprocamente. Il sistema, quindi, è basato sul principio della differenza di intensità e di tempo come nella ripresa binaurale; si ha così una prospettiva sonora molto reale e una notevole sensazione di profondità.
Tecnica della TESTA ARTIFICIALE

La Testa Artificiale (dummy head) rappresenta una variante della tecnica di ripresa A-B, ed è una replica fedele della testa umana. Ascoltando una registrazione eseguita con una testa artificiale tramite cuffie stereo di buona qualità, si riceve una sensazione quasi completamente identica a quella che si avrebbe avuto tenendo la sua testa ferma nell’identica posizione della “testa artificiale” durante la registrazione stessa, ovvero la sensazione di essere fisicamente immersi nell’esecuzione. Se invece la registrazione viene riprodotta attraverso un sistema di altoparlanti, la percezione dei suoni è quasi identica a quella ottenuta con le tecniche stereofoniche convenzionali, con un senso di profondità del campo sonoro più incisivo e con una timbrica straordinariamente naturale. Per le registrazioni artistiche il vantaggio della registrazione binaurale con testa artificiale sulle tecniche convenzionali di ripresa stereofonica è di una più realistica rappresentazione delle condizioni acustiche dell’ambiente di registrazione.

Figura 5_21
Le tecniche di registrazione stereofonica convenzionali sono basate sul tentativo di ottenere una registrazione che fornisca all’ascoltatore la miglior esperienza acustica possibile tramite un sistema di due altoparlanti disposti di fronte a lui. Realizzare ciò, nella pratica, è difficile: innanzitutto i microfoni vanno posizionati vicino ai singoli strumenti musicali, captandone così prevalentemente il suono diretto, che è quasi privo di “ambiente”. Infatti, per ricostruire una giusta rappresentazione dell’equilibrio dei livelli sonori tra tutti gli strumenti, senza che nessuno di essi sovrasti gli altri o scompaia, vengono abitualmente usati parecchi singoli microfoni contemporaneamente. Infatti è opinione comune che più microfoni vengano utilizzati, meglio è, perchè così si registrano adeguatamente i suoni di tutti i singoli strumenti, che poi dovranno essere mixati per poter ricostruire artificialmente un equilibrio convincente. In tal modo otterremo una registrazione in cui la sonorità specifica della sala da concerto, cioè l’insieme delle sue caratteristiche di riverberazione, risulta in gran parte eliminata, cosicché un ascoltatore, quando l’ascolterà tramite gli altoparlanti di casa sua, invece dell’ambiente originale udrà l’ambiente del suo soggiorno, certo non paragonabile a quello di una sala da concerto. Con questa tecnica, che è di gran lunga la più diffusa, anche le caratteristiche direzionali delle sorgenti sonore originali vanno completamente perdute o, al più, devono essere artificialmente ricostruite in fase di massaggio.Le tecniche di registrazione binaurale sono invece basate sul concetto di ripresa cosiddetto “head-related” (relativa alla testa). Per ottenere una registrazione davvero realistica di un evento sonoro reale in un ambiente reale, appare evidente che i suoni debbano essere registrati attraverso una sola coppia di microfoni, dal momento che questo è il sistema con cui quotidianamente ascoltiamo la realtà.
È opportuno, a questo punto, notare che le orecchie lavorano proprio come dei microfoni, ma con caratteristiche irraggiungibili per qualunque tecnologia, trasformando le onde sonore-energia meccanica in segnali nervosi-energia elettrica da inviare al nostro cervello, il quale li elabora e ce li fa riconoscere gli uni dagli altri, così come ce ne fornisce la direzione di provenienza, la distanza, l’intensità, e molto altro ancora. Risulta inoltre evidente che la nostra testa funge da separatore naturale tra le due orecchie, e che quindi il nostro cervello, così strutturato geneticamente, non riconoscerà come realistici i suoni registrati con i due microfoni di cui sopra, se questi non saranno separati da qualcosa con la forma e le caratteristiche della nostra testa.Se a ciò si aggiunge il fondamentale ruolo del padiglione auricolare nel convogliare i suoni all’ingresso del canale uditivo, consentendo così al cervello di determinarne con precisione la direzione di provenienza, risulta indispensabile il fornire i nostri due microfoni di orecchie esterne, ben modellate e ben posizionate sulla testa artificiale.Tramite la riproduzione per mezzo di cuffie si eviteranno delle sovrapposizioni di ambiente, mettendo così il nostro cervello nelle condizioni ottimali per riconoscere tutte le caratteristiche acustiche dell’esecuzione originale, col risultato di un’esperienza virtuale molto convincente, realistica nel timbro, nel suono dell’ambiente, nella posizione, nella distanza, e nell’intensità.Da questo ragionamento oggettivo nasce l’idea di base da cui la tecnologia binaurale si è sviluppata negli anni ’70 col primo modello di testa artificiale, ovvero poco dopo l’avvento della stereofonia.Apparve presto evidente che la riproduzione obbligatoria per mezzo di cuffie rappresentava un grosso ostacolo alla diffusione di questa geniale tecnologia, per cui si applicò ad un successivo modello un sistema incorporato di equalizzazione a campo diffuso (diffuse-field) che ha reso le registrazioni binaurali maggiormente compatibili con la normale riproduzione stereofonica a due altoparlanti frontali. I modelli attuali sono stati ulteriormente perfezionati, per definirne ancor più esattamente la distinzione destra/sinistra e alto/basso (ridisegnandone accuratamente le orecchie, sulla base di una media di 5000 calchi di padiglioni auricolari di musicisti e audiofili) e per assicurarne la completa compatibilità coi sistemi di altoparlanti stereofonici tramite un aggiornatissimo circuito incorporato di equalizzazione diffuse-field. Ovviamente l’ascolto tramite altoparlanti non ci permetterà di apprezzare completamente la spazialità tridimensionale tipica della registrazione binaurale ma la risposta timbrica, ovvero la “qualità” sonora, risulterà comunque molto più convincente di qualunque altro genere di ripresa audio, soprattutto se la testa artificiale è stata posizionata correttamente al momento della registrazione stessa.
Tecnica DECCA TREE
Il Decca Tree, venne originariamente introdotto negli anni ’50 dai tecnici della celebre etichetta inglese per ottenere buone riprese stereofoniche. Consiste in una ripresa a tre punti con microfoni omnidirezionali posti ai vertici di un triangolo (a volte equilatero).
Figura 5_20
La distanza fra i due microfoni esterni è tale per cui si avrebbe un “buco” in centro; per questo motivo, esattamente come per i tre microfoni in linea, il microfono centrale deve essere mixato con cura onde evitare che il tutto ricada al centro, riducendo pesantemente la stereofonia. Di solito, il microfono centrale viene attenuato di 3-5 db rispetto agli altri due e con panpot rigorosamente centrale. Rispetto alla tecnica con i tre microfoni in linea, il centrale è più in avanti e quindi dà un maggior dettaglio e pulizia al mix finale. Spesso si pone il Decca Tree dietro o quasi sopra il direttore del gruppo/orchestra con un risultato molto naturale e spettacolare allo stesso tempo. Naturalmente anche l’altezza rispetto del tree rispetto all’orchestra è importante, sia per la stereofonia che per il rapporto fra suono diretto e suono ambiente. L’uso di microfoni omnidirezionali consente una convincente ripresa anche delle frequenze più basse. Per migliorare la timbrica si possono inclinare verso l’esterno di 30-45° i due microfoni esterni; infatti in questo modo la ripresa è più confacente alla caratteristica polare dell’omnidirezionale che, come abbiamo visto, diventa piuttosto direzionale alle alte frequenze.
Un discorso a parte meritano le tecniche di ripresa dell’audio cosiddette spaziali, quali la ripresa Surround, che potrete trovare nella sezione dedicata alle Monografie