giovedì 25 Aprile 2024

Acustica architettonica

Acustica architettonica
L’acustica architettonica è quella branca dell’acustica che tratta i fenomeni di propagazione sonora in ambienti chiusi o in presenza di ostacoli di varia natura. Essa ha lo scopo di assicurare, mediante speciali trattamenti ambientali, le migliori condizioni sia per l’ascolto che per la ripresa microfonica. Il comportamento acustico degli ambienti chiusi è legato all’influenza che la propagazione sonora subisce a causa di ostacoli quali pareti, mobili, oggetti o persone che si parano innanzi al cammino dell’onda. Come si è già visto, quando l’energia sonora incontra la superficie di separazione di un mezzo diverso da quello in cui si sta propagando, una parte di essa viene riflessa, cioè rimbalza sulla superficie di separazione, una parte viene assorbita, ovvero convertita in calore da parte del mezzo, e una parte infine viene ritrasmessa attraverso il mezzo medesimo. In ambienti chiusi esistono quindi fenomeni di riflessione e di diffusione inerenti al suono in essi generato. In virtù di essi il suono che giunge all’ascoltatore (o al microfono) dall’esecutore arriva per primo e, dopo un ritardo di tempo iniziale, giungono le riflessioni delle pareti. Quando una riflessione è ritardata di oltre 70 mS essa viene percepita come un’eco. Per assicurare una uniforme diffusione del livello sonoro si devono evitare quelle superfici che tendono a focalizzare il suono e a concentrarlo in determinati punti. Le superfici concave, ad esempio, focalizzano il suono, mentre quelle convesse assicurano una buona diffusione. Si devono evitare anche superfici estese, piane e lisce, movimentando le pareti con irregolarità che il più delle volte assumono le forme di rilievi geometrici. Un rilievo di forma semicilindrica, per esempio, devia dalla sua direzione normale una parte dell’energia sonora riflessa facilitando così la diffusione completa del suono.
Figura 1_23
In un ambiente chiuso si possono evidenziare due tipi di comportamento acustico: il primo tipo di comportamento si verifica in regime di emissione costante, il secondo tipo nel regime detto transitorio. Nel primo caso, supponendo di avere una sorgente che emetta per un considerevole periodo di tempo una potenza sonora costante, avremo un notevole aumento di densità sonora nell’ambiente; questo aumento è dovuto al fenomeno delle riflessioni multiple, con conseguente rinforzo dell’intensità del suono. Infatti l’ascoltatore verrebbe raggiunto non solo dall’onda diretta proveniente dalla sorgente ma anche dalle onde riflesse dalle pareti. L’intensità finale a regime è tanto più grande quanto più è alto il numero delle onde riflesse. Infatti il campo sonoro che si stabilisce nell’ambiente dipende, oltre che dall’energia emessa direttamente dalla sorgente, soprattutto dai successivi rinvii delle pareti. Il comportamento in regime transitorio di un ambiente chiuso avviene dopo che la sorgente ha cessato la sua emissione sonora. In questo caso l’intensità di regime decresce tendendo a zero e segue un andamento esponenziale per un tempo transitorio che prende il nome di coda sonora.
Figura 1_25
La coda sonora si verifica in quanto nel punto di ascolto continuano a giungere per il breve periodo transitorio le onde riflesse dalle pareti, malgrado sia venuta a mancare l’onda diretta, una volta cessata l’emissione da parte della sorgente. La durata del tempo transitorio che dà origine alla coda sonora prende il nome di tempo di riverberazione dell’ambiente. Il tempo di riverberazione è il tempo occorrente all’intensità sonora ambientale per diminuire di un milionesimo, ossia di 60 decibel, rispetto all’intensità di regime permanente, allorché cessa l’emissione da parte della sorgente. Esso può essere calcolato mediante la cosiddetta formula di Sabine. Il tempo di riverberazione, espresso in secondi, è dato dal rapporto tra il volume dell’ambiente e l’assorbimento totale delle pareti. Il tempo di riverberazione risulta quindi tanto più alto quanto maggiori sono le dimensioni dell’ambiente e quanto meno assorbenti sono le pareti.
Formula 06
dove:

V = volume in m3

Formula 07
= assorbimento totale
La riverberazione diventa nociva solo per valori molto alti, in quanto tende a produrre un effetto di mascheramento in presenza di più suoni successivi. Per spiegare meglio questo fenomeno, immaginiamo di avere un’emissione di suoni a brevissimo intervallo di tempo gli
uni dagli altri. Se l’ambiente dove il suono è generato è privo di riflessioni, al cessare delle vibrazioni l’intensità sonora cadrà subito a zero. Al contrario se siamo in un ambiente caratterizzato da riverberazione, ogni suono verrà prolungato della coda sonora anche dopo
l’arresto dell’emissione. In questo caso, quando sopravviene l’attacco del nuovo impulso sonoro, il suono precedente non si è ancora spento del tutto e si avrà quindi l’effetto di mascheramento all’attacco del suono successivo. Se poi il tempo di riverberazione è grande, ovvero se in sala c’è poco assorbimento, l’accavallarsi dei suoni pregiudica la comprensione nel caso del parlato e rende assai fastidioso l’ascolto di brani musicali.
Grazie a numerose ricerche si è riusciti a riportare su grafico il tempo di riverberazione ottimale di un ambiente in funzione sia del volume sia della destinazione d’uso. Dal diagramma si nota che per volumi elevati bisogna accettare un certo aumento del tempo di riverberazione se non si vuole ridurre il livello sonoro globale. Si consigliano valori più bassi del tempo di riverberazione in quei locali destinati unicamente al parlato per migliorarne l’intelligibilità oppure in quei locali in cui si può disporre di una potenza sonora aumentabile a piacere come nelle sale cinematografiche. Sono da preferire valori del tempo di riverberazione più elevati per la musica in generale, e più precisamente valori progressivamente crescenti per la musica leggera, per quella sinfonica e per la musica d’organo. In ambienti molto vasti le riflessioni sonore possono dar luogo ad un fenomeno di solito indesiderato: consiste in un effetto percettivo dovuto al ritardo con cui un’onda riflessa viene sentita rispetta a quella diretta; le due onde vengono percepite distinte l’una dall’altra. Poiché la persistenza acustica (costante di tempo) dell’orecchio agli impulsi acustici brevi è di circa 70 millisecondi, se un impulso giunge all’orecchio con un ritardo rispetto a un precedente impulso inferiore a detta costante di tempo i due suoni si fondono in uno solo. Se invece l’onda riflessa giunge all’orecchio con un ritardo superiore a 70 mS rispetto all’onda diretta, questo percepisce nettamente la ripetizione del suono. Poiché la velocità di propagazione nell’aria è, come abbiamo visto, di 340 m/s, in un quindicesimo di secondo, ossia in 70 mS, l’onda percorrerà 22 metri. Nel caso di suoni più lunghi il cui tempo di percezione è pari a un decimo di secondo (100 mS), l’onda percorrerà 34 metri. L’eco avrà quindi origine nel caso in cui un suono riflesso per giungere all’orecchio percorra una distanza superiore ai 22 metri, se impulsivo e ai 34 metri, se prolungato. Poiché la riflessione avviene contro un ostacolo, per esempio una parete, si potrà verificare l’effetto eco se l’ascoltatore dista dall’ostacolo oltre 11 metri e la sorgente sonora si trova alle sue spalle. L’eco può essere multiplo, o fluttuante, se le riflessioni si instaurano tra pareti lisce e parallele fra di loro. Il punto S della figura rappresenta la sorgente, il punto A il luogo di ascolto. Si vede che nel punto A convergono parecchie onde riflesse; queste onde, a seconda del loro sfasamento e della loro frequenza, possono annullarsi o rinforzarsi, dando origine per i suoni brevi ad una serie di echi ravvicinati, da cui il nome di eco fluttuante o flutter eco. Al contrario della riverberazione, l’eco è sempre da considerarsi totalmente nocivo agli effetti dell’ascolto e della ripresa del suono.
Figura 1_27
L’intensità finale a regime è tanto più grande quanto più è alto il numero delle onde riflesse. Infatti il campo sonoro che si stabilisce nell’ambiente dipende, oltre che dall’energia emessa direttamente dalla sorgente, soprattutto dai successivi rinvii delle pareti. Il comportamento in regime transitorio di un ambiente chiuso avviene dopo che la sorgente ha cessato la sua emissione sonora. In questo caso l’intensità di regime decresce tendendo a zero e segue un andamento esponenziale per un tempo transitorio che prende il nome di coda sonora.
Figura 1_25
La coda sonora si verifica in quanto nel punto di ascolto continuano a giungere per il breve periodo transitorio le onde riflesse dalle pareti, malgrado sia venuta a mancare l’onda diretta, una volta cessata l’emissione da parte della sorgente. La durata del tempo
transitorio che dà origine alla coda sonora prende il nome di tempo di riverberazione dell’ambiente. Il tempo di riverberazione è il tempo occorrente all’intensità sonora ambientale per diminuire di un milionesimo, ossia di 60 decibel, rispetto all’intensità di regime permanente, allorché cessa l’emissione da parte della sorgente. Esso può essere calcolato mediante la cosiddetta formula di Sabine. Il tempo di riverberazione, espresso in secondi, è dato dal rapporto tra il volume dell’ambiente e l’assorbimento totale delle pareti. Il tempo di riverberazione risulta quindi tanto più alto quanto maggiori sono le dimensioni dell’ambiente e quanto meno assorbenti sono le pareti. La riverberazione diventa nociva solo per valori molto alti in quanto tende a produrre un effetto di mascheramento in presenza di più suoni successivi. Per spiegare meglio questo fenomeno, immaginiamo di avere un’emissione di suoni a brevissimo intervallo di tempo gliuni dagli altri. Se l’ambiente dove il suono è generato è privo di riflessioni, al cessare delle vibrazioni l’intensità sonora cadrà subito a zero. Al contrario se siamo in un ambiente caratterizzato da riverberazione, ogni suono verrà prolungato della coda sonora anche dopo l’arresto dell’emissione. In questo caso, quando sopravviene l’attacco del nuovo impulso sonoro, il suono precedente non si è ancora spento del tutto e si avrà quindi l’effetto di mascheramento all’attacco del suono successivo. Se poi il tempo di riverberazione è grande, ovvero se in sala c’è poco assorbimento, l’accavallarsi dei suoni pregiudica la comprensione nel caso del parlato e rende assai fastidioso l’ascolto di brani musicali. Grazie a numerose ricerche si è riusciti a riportare su grafico il tempo di riverberazione ottimale di un ambiente in funzione sia del volume sia della destinazione d’uso. Dal diagramma si nota che per volumi elevati bisogna accettare un certo aumento del tempo di riverberazione se non si vuole ridurre il livello sonoro globale. Si consigliano valori più bassi del tempo di riverberazione in quei locali destinati unicamente al parlato per migliorarne l’intelligibilità oppure in quei locali in cui si può disporre di una potenza sonora aumentabile a piacere come nelle sale cinematografiche. Sono da preferire valori del tempo di riverberazione più elevati per la musica in generale, e più precisamente valori progressivamente crescenti per la musica leggera, per quella sinfonica e per la musica d’organo. In ambienti molto vasti le riflessioni sonore possono dar luogo ad un fenomeno di solito indesiderato: consiste in un effetto percettivo dovuto al ritardo con cui un’onda riflessa viene sentita rispetta a quella diretta; le due onde vengono percepite distinte l’una dall’altra. Poiché la persistenza acustica (costante di tempo) dell’orecchio agli impulsi acustici brevi è di circa 70 millisecondi, se un impulso giunge all’orecchio con un ritardo rispetto a un precedente impulso inferiore a detta costante di tempo i due suoni si fondono in uno solo. Se invece l’onda riflessa giunge all’orecchio con un ritardo superiore a 70 mS rispetto all’onda diretta, questo percepisce nettamente la ripetizione del suono. Poiché la velocità di propagazione nell’aria è, come abbiamo visto, di 340 m/s, in un quindicesimo di secondo, ossia in 70 mS, l’onda percorrerà 22 metri. Nel caso di suoni più lunghi il cui tempo di percezione è pari a un decimo di secondo (100 mS), l’onda percorrerà 34 metri. L’eco avrà quindi origine nel caso in cui un suono riflesso per giungere all’orecchio percorra una distanza superiore ai 22 metri, se impulsivo e ai 34 metri, se prolungato. Poiché la riflessione avviene contro un ostacolo, per esempio una parete, si potrà verificare l’effetto eco se l’ascoltatore dista dall’ostacolo oltre 11 metri e la sorgente sonora si trova alle sue spalle. L’eco può essere multiplo, o fluttuante, se le riflessioni si instaurano tra pareti lisce e parallele fra di loro. Il punto S della figura rappresenta la sorgente, il punto A il luogo di ascolto. Si vede che nel punto A convergono parecchie onde riflesse; queste onde, a seconda del loro sfasamento e della loro frequenza, possono annullarsi o rinforzarsi, dando origine per i suoni brevi ad una serie di echi ravvicinati, da cui il nome di eco fluttuante o flutter eco. Al contrario della riverberazione, l’eco è sempre da considerarsi totalmente nocivo agli effetti dell’ascolto e della ripresa del suono.
Figura 1_27